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LAPRIMAVERA

SOLO CENTO GIORNI PER RILANCIARE LA POLITICA DEL PARTITO DEMOCRATICO

27 Febbraio 2009 , Scritto da cesare pisano Con tag #POLITICA



Sono i cento giorni che ci separano dalle elezioni europee; obiettivo che Franceschini ed i responsabili di partito hanno scelto, per rilanciare le chanches e non mancare l'importante appuntamento.

Il governo-ombra cessa le sue funzioni e verrà sostituito da  dodici Dipartimenti formati da uomini provenienti dall'area veltroniana, dagli ex-ds agli ex-popolari; tra i nomi Bersani, Melandri, Fassino, Fioroni, Letta, Soru, Sereni, Orlando, Pinotti, Gozi etc..

Sono una settantina di nomi, che hanno dichiarato il loro sostegno alla segreteria di Franceschini, con l'impegno di continuare il percorso intrapreso da Walter Veltroni e cercare di realizzare una politica adatta alla vocazione maggioritaria del Partito, alle aspirazioni popolari del riformismo democratico, alla laicità.

Il consenso unanime dei componenti dovrebbe, quindi, marciare all'unisono, con la consapevolezza dichiarata ed accettata della necessità di eliminare qualunque forma di diatriba all'interno, che non sia manifestazione di sana e positiva dialettica, come incontro, ma non come scontro, tra le diverse opinioni sui vari contenuti politici e morali che, di volta in volta, dovranno affrontare.

Una dialettica serena, che deve improntarsi alla capacità di sintesi; alla fine del dibattito sui temi in cui, evidentemente, si manifesteranno opinioni discordanti, si deve raggiungere la " sintesi ", come punto conchiuso, che dovrà, da quel momento, divenire per tutti, la volontà politica del Partito; la sua posizione ufficiale, dalla quale nessuno dovrà  discostarsi.

Non c'è nulla di nuovo in questo; ma, c'è la consapevolezza ragionata ed accettata da tutti, nel considerare la necessità di mantenere, dopo la sintesi, la volontà e la forza di attuazione politica.

La sintesi, a conclusione dei dibattiti interni tra le varie idee su cui verterà la discussione, diventa lo strumento di supermento di quella mentalità, presente nel governo Prodi, e che infiniti lutti addusse alla strategia politica di quel governo, che fu costretto, quotidianamente, a fare i conti con una contraddizione interna, che non lasciava adito a soluzioni che non fossero conflittuali e su posizioni diverse, dissimili a quelle ufficiali, della composizione politica di governo.

Quindi, nella consapevolezza di questi uomini c'è, ed è una necessità vitale, il dover superare quei limiti culturali legati alle vecchie ideologie del primo novecento e che hanno accompagnato le lotte operaie del dopoguerra, di una cultura vista come riferimento, che ha impedito alla compagine del governo Prodi prima, ed all'esperienzaa innovativa di Walter dopo, di approdare ad un Partito di provenienza diversa, che si era connotato come diverso e nuovo, aperto e laico, democratico e riformista, ma che ha visto, nelle dimissioni di Walter, non tanto il suo fallimento, come molti, ancora, pensano, ma il fallimento del progetto, dovuto all'incomprensione dei tanti, che, ancora, oggi, sono fermi a quella cultura ideologicamente giurassica di riferimento, che non si adatta più alle esigenze di un'Italia diversa nelle sue strutture economiche e nei rapporti imprenditori-lavoratori, e non si adatta ai principi di riferimento di una politica europea, che si sta costruendo, come sistema capitalista accettato, i cui punti di forza sono un capitalismo regolato all'interno di meccanismi globalizzati.

Nella convinzione di questi uomini c'è l'assunzione di questa cultura nuova.

Il Partito professerà la sua laicità; ed è di questi giorni l'idea di uno scontro tra opinioni diverse sui temi del testamento biologico; ma, non è così; perchè la realtà, oggi, sta dimostrando che tutte le volte l'uomo venga chiamato a dare risposte su argomenti che impegnano la propria coscienza etico-morale, risponde con la sua libertà di scelta, seguendo i propri convincimenti.

Nessun partito può trasformarsi in una " caserma ", come nelle parole di Franceschini; e, là dove sembra che tutto ruoti all'unisono, nel caso della discussione sul testamento biologico, in questo momento di politica, si avvertono le prime forme di libertà di coscienza manifestarsi nei componenti della compagine di destra, che governa il paese.

La libertà di coscienza degli uomini di destra, in questo momento della discussione sul decreto, vuol dire, forse, che vogliono spaccare la coalizione del governo?

No, certamente; sigifica solo dare voce alla propria coscienza; se così non fosse; saremmo al fascismo.

E questo è il bene dell'essere democratici: libertà massima di espressione sui fatti di moralità, che investe la vita dell'essere umano.

E' un passaggio di democrazia e di riformismo; non ci possono essere barricate, nè divisioni interne; nei temi di coscienza la libertà non va vista come momento di separazione  e di divisione.

La laicità è un altro punto fermo che costituisce il dna del Partito; essa va realizzata come essenza ed azione; e non si dovrà confondere la libertà di coscienza espressa sui temi morali, con la volontà di non essere laici; non è così.

Su tutte le azioni politiche, che non siano necessariamente etiche-morali, ma prettamente politico, socio-economiche, la laicità si riafferma da sola, perchè tutti devono assumere, come proprie, le decisioni dei dibattiti, all'interno del Partito, la cui sintesi ne diventa l'obiettivo da raggiungere all'unisono.

Il Partito Democratico nasce aperto; più voci costituiscono la sua popolazione; più gruppi possono e devono arricchire la cultura d'insieme, quale frutto di dibattiti e di dialettica interna, come vita democratica.

Ma, chuse le porte; usciti all'esterno, ci dev'essere solo unità di azione e di intenti politici.

Questi principi affermati costituiscono l'azione del PD, da oggi.







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