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LAPRIMAVERA

CHANGELING

22 Aprile 2009 , Scritto da cesare pisano Con tag #CINEMA

  

REGIA :

 

CLINT EASTWOOD

 

ATTORI:

Angelina Jolie, John Malkovich,

Amy Ryan, Jason Butler Harner, Jeffrey Donovan,

 Michael Kelly (II), Devon Conti, Eddie Alderson,

Gabriel Schwalenstocker, Jason Ciok, Colm Feore,

Devon Gearhart, Geoffrey Pierson, Gattlin Griffith

 


COMMENTO CRITICO

 

La regia di Clint Eastwood, mi è apparsa  sobria e senza sbavature, riuscendo a rappresentare fatti realmente accaduti nella Los Angeles del 1928, quando alcune sparizioni di bambini evidenziarono una carenza di protezione della cittadinanza, a carico di un distretto di polizia, che aveva inteso il potere, come uno strumento di pura libertà di azione, nei confronti di cittadini, costretti a subire l’arroganza di uomini senza scrupoli, pronti per la loro affermazione ed i loro affari, a distruggere tutti coloro che avessero ostacolato la loro azione.

 

Un’ Angelina Iolie, abbastanza convincente nel ruolo della madre offesa dalla sparizione del figlio, da parte degli abominevoli responsabili della polizia.

 

In un lontano giorno del marzo del 1928, a Los Angeles, Christine Collins, lascia il proprio figlio, un bambino di nove anni, in attesa della governante, da solo in casa, per recarsi al lavoro, presso una società telefonica, come centralinista; al ritorno avrà l’amara e tragica sorpresa della sparizione del figlio Walter.

 

Da quel momento, la donna non vedrà mai più il ragazzo.

 

Le ricerche della polizia si concretizzeranno nel ritrovamento di un bambino della stessa età, che affermano essere il ragazzo figlio di Christine.

 

La gioia della madre durerà pochissimo, il tempo di scorgere nel viso e nell’altezza del ragazzo i lineamenti di un altro, ma, non del proprio figlio.

 

In un primo tempo la donna accetta il bambino non suo; poi, ci ripensa; tenere un bambino non suo significava abbandonare la ricerca del proprio figlio.

 

Comincerà a tallonare la polizia per indurla a ricercare il bambino suo; ma, la reazione  della polizia sarà tremenda; infatti, J.J. Jones, capitano della polizia (il convincente Jeffrey Donovan), tenterà di convincerla del contrario; non riuscendovi ed in seguito all’accordo con il suo capo, più corroto di lui, in seguito ai loschi affari sulla città, decidono di farla passare per mata e di rinchiuderla nel manicomio della città.

 

A questo punto ha inizio il calvario-dramma della donna; un braccio di ferro tra la polizia-potere ed il cittadino-diritto, offeso nella propria dignità, ma costretto allo strapotere senza controllo dei malavitosi, che realizzavano, al tempo storico dei fatti, loschi affari.

 

Infatti, una serie di situazioni porterà la polizia-potere ad escogitare un piano per eliminare la donna.

 

Falsando carte e certificazioni, Christine sarà internata in un manicomio, come una pazza, perchè rifiuta di accettare il figlio.

 

Chistine e’ certa della sua verità, e non vuole cedere alla falsa verità  della polizia ed al fatto di non vedere mai più il proprio figlio, dal momento che, sia l’altezza, sia il viso del ragazzo, fatto passare per Walter, non appartengono a suo figlio.

 

Christine si vedrà, non pazza, a convivere coi i veri pazzi rinchiusi nel manicomio, ed a rischiare di cedere, psicologicamente e fisicamente, per divenire lei stessa pazza.

 

I continui richiami a dover mettere la firma di riconoscimento del ragazzo come suo figlio, da parte del direttore dell’ospedale, d’accordo con i loschi individui, avranno esiti negativi; ed, ogni volta, è costretta a subire un’escalation di dosi, sempre più massicce, fino ad arrivare alle famigerate scosse di elettroshock.

 

Tutti sistemi in uso come supporti, in tutti gli ospedali psichiatrici dell’epoca, non per un’improbabile guarigione, ma per punizione o per tentativi inutili di guarigione, risultavano inutili e dannosi, alla salute mentale del rinchiuso.

 

I malati sofferenti mentali erano, non solo in uno stato becero di abbandono, ma, soprattutto di abbandono e perdita della stessa umanità e dignità: erano stati trasformati in mero oggetto nelle mani di persone senza la qualità sufficiente o la cultura necessaria alla loro guarigione.

 

Il problema delle sofferenza, infatti, non sarebbe mai stato superato, come, in effetti, è stato, fino alla chiusura dei manicomi.

 

Lo Stato emargina, infatti, tutti coloro che non si rimettono al modello voluto dal potere costituito ed alle leggi emanate; i comportamenti ritenuti “ altri “ dalla norma si dimostravano lesivi allo sguardo ed alla sicurezza degli altri, inquadrati e considerati normali, perché incapaci di ribellione, al sistema statale o familiare.

 

Il manicomio è visto, quindi, come una bolgia infernale, ove non è possibile nessun recupero di tipo psicologico e dove, invece, è possibile che la persona normale, come nel caso di Christine, se rinchiusa tra i pazzi, si possa ammalare e deprimere definitivamente.

 

Una schiera di infermieri e medici, che lamentano, con grande evidenza, un’assoluta qualità professionale, assumendo il ruolo, non di persone adatte a creare affetto, amore, o situazioni normali di vita, onde abituare il malato al reinserimento; tutt’altro; il personale è una specie di gestapo manicomiale,  teso solo alla repressione, con modi autoritari, che rappresentano il potere costituito, di un sistema, quello del tempo, considerato democratico, ma che di democratico non aveva niente.

 

Nessun supporto per adattare l’esistenza dei sofferenti malati, alle condizioni di vita normali; bestie considerate e come tali, trattati da bestie.

 

Tutto questo avviene nella Los Angeles del 1928; e trattasi di un fatto realmente accaduto.

 

La scomparsa di una ventina di bambini rapiti da un psicopatico, che, a sua volta, proveniva da una situazione familiare, deprivata dal calore affettivo dei genitori, il cui unico scopo di vita era il massacro dei bambini, che riusciva a catturare,

 

Il psicopatico s’era organizzato con un furgoncino e con la compagnia di un ragazzo che lo seguiva sotto la minaccia di morte, per potere adescare facilmente i bambini che, soli, sulla strada, non potevano opporre resistenza.

 

Durante la detenzione manicomiale di Christine, un poliziotto indaga,  per scoprire la verità della  scomparsa di alcuni bambini, dei quali non si era saputo nulla.

 

Riuscirà a scoprire l’esistenza della casa dell’orrore dei bambini; ed attraverso il racconto del giovane, costretto ad aiutarle l’assassino, scoprirà tutta la verità.

 

Il ragazzo verrà portato in città per essere interrogato e si scoprirà della morte di una ventina di bambini, al cui massacro era stato costretto, per timore di perdere la vita.

 

L’investigatore si recherà sul posto in compagnia del testimone, che,scavando il terreno, metterà in luce i resti di scheletri di bambini, confermando, così, la sua verità dei fatti.

 

In questo tempo il reverendo Gustav Briegleb (John Malkovich), attivista della comunità presbiteriana locale, decide di aiutare la donna; procurerà un avvocato e la tirerà fuori dal manicomio.

 

Messe alle strette il bambino, che le era stato affidato come suo figlio, confessa che la polizia lo aveva intimorito di dire il falso; verrà affidato alla sua madre vera.

 

La figura di questo bambino di nove anni, non è certamente positiva; pur sapendo di non essere il figlio, si accanisce nella falsa versione preparata dalla polizia; gesto che procurerà danni psicologici ed affettive a Christine.

 

Intanto, dal racconto del ragazzo testimone si apprenderà che, anche, Walter è morto.

 

I responsabili dirigenti delle forze di polizia saranno licenziati a vita; ma, un processo parallelo scandirà le ultime battute del film.

 

Il responsabile assassino, ritornato dalla propria sorella, per sfuggire alla sua solitudine; sarà consegnato nelle mani della polizia; da questo momento la sua sorte sarà segnata dalla giustizia degli uomini della città di Los Angeles.

 

In contemporanea, ma, in processi diversi, la corte si riunisce per giudicare,da un lato l’agire autoritario e disumano del potere della polizia; dall’altro l’assassino psicopatico.

 

Toccanti le scene finali; infatti, dopo parecchi anni di detenzione nel braccio della morte, il giovane assassino verrà ucciso da una sentenza di morte, per impiccagione.

 

Prima di morire esprime il desiderio di raccontare a Christine la verità sul figlio; e per tale motivo dichiara di volerla rivedere.

 

L’assassino ha stima per la donna, alla quale ha ucciso il figlio, perché la sobrietà e la rabbia della donna si sono indirizzate sempre verso la ricerca della verità, non scagliandosi mai direttamente contro la persona dell’assassino.

 

La donna, ormai, da tempo trascina la sua vita, in preda a rabbia ed a un dolore immenso, per non potere conoscere la vera fine del figlio; fino a quando non lo saprà  con certezza, lotterà, audacemente, con tutte le proprie forze.

 

Ed è così che si costringe ad un  ultimo incontro, prima dell’impiccagione; nella drammaticità dell’incontro l’assassino si rifiuta di fornirle la verità.

 

Sarà giustiziato davanti gli occhi delle madri dei ragazzi, tra cui Christine.

 

Un pò di tempo dopo, in seguito ad una chiamata per il ritrovamento di un ragazzo, facente parte del gruppo dei bambini della morte, che la drammatica verità verrà a galla; infatti, il ragazzo, molto provato nei ricordi raccontati, confermerà l’ultima nottata, quella del tentativo di fuga, e come, mentre alcuni si salvavano, la sfortuna avesse bloccato Walter ad un filo spinato, che trattenendolo, aveva permesso all’assassino di catturarlo e giustiziarlo.

 

Solo dopo la conferma, attraverso il racconto dell’ultimo testimone, la donna perderà le sue residue speranze di lotta; ormai, libera dal peso del dolore, per non avere potuto conoscere la verità, la sua mente si calmerà e sarà pronta ad intraprendere la sua triste e solitaria vita.

 

 

Cesare Pisano

 

Mercoledì 22 aprile 2009

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